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La Bugia è Bella: Viaggio nel Mondo Segreto dei Piccoli Ingannatori

Il tema delle bugie nei bambini è un aspetto affascinante e complesso dello sviluppo cognitivo ed emotivo. Da un lato, le bugie sono un fenomeno universale, legato a fasi evolutive specifiche ed è inevitabile, tutti noi a volte mentiamo e le bugie più frequenti le raccontiamo a noi stessi, dall’altro lato, spesso sono interpretate come un segnale di disonestà o di comportamento scorretto a cui viene dato immediatamente un peso morale e valoriale. Il nostro punto di vista, che è anche quello di larga parte della letteratura specialistica, è che in realtà, la bugia non è sempre un comportamento negativo, ma può essere vista come una tappa importante nella crescita e nella comprensione di sé e del mondo; una tappa essenziale nello sviluppo dell’intelligenza emotiva e nella formazione di una Teoria della Mente efficace, che consolidi nel bambino la consapevolezza e l’esperienza che “c’è un me e c’è un te” e che  c’è distinzione fra “ciò che sento, provo e penso io e ciò che senti, provi e pensi tu”. Corollario pragmatico fondamentale al poter dire bugie (omettendo o mentendo) è che anche l’altro può fare lo stesso. Osservare, accompagnare, supportare i bambini e gli adolescenti in questo delicato processo che evolve per tentativi, per prove ed errori, significa anche educarli alle dinamiche della fiducia. 

Le bugie come fase evolutiva

Approfondendo quanto premesso, sottolineiamo che nel contesto dello sviluppo, la capacità di mentire è strettamente legata all’emergere di capacità cognitive avanzate, come la Teoria della Mente, che consente al bambino di comprendere che gli altri hanno pensieri, credenze e conoscenze diverse dalle proprie. In alcuni disturbi del neurosviluppo, di cui ci occupiamo nella nostra prassi clinica e di cui notiamo una preoccupante, aumentata prevalenza, mentire non è affatto semplice, né scontato che sia possibile apprendere a farlo, ed allo stesso modo, in alcune situazioni cliniche non è possibile comprendere ed utilizzare le metafore ed il linguaggio figurato, tutte attività di “scivolamento di senso” che verosimilmente poggiano sulle medesime reti neurali. Sono un esempio di questa particolare e limitante forma di sincerità obbligata i bambini e gli adulti con Disturbi dello Spettro Autistico o con Disturbo Socio – Pragmatico della Comunicazione. Mentire, infatti, presuppone la consapevolezza che un altro individuo possa essere ingannato e che si possa manipolare la realtà per ottenere un beneficio o proteggersi da una punizione. Questo processo è un segno della crescente complessità del pensiero del bambino, che inizia a navigare tra la realtà, la fantasia e le proprie strategie di adattamento sociale; è un processo naturale che accompagna lo sviluppo di quel pensiero divergente che sostanzia il problem solving e la flessibilità cognitiva e che trova forma nel pensiero operatorio concreto (6-12 anni) in cui la reversibilità delle operazioni mentali e  fisiche nonché  l’esperienza che le operazioni mentali si coordinano, danno inizio al pensiero logico e preparano il terreno al pensiero astratto. 

Sulla polarità opposta, non distinguere bugia e verità o mentire in modo coatto e disorganizzato, confabulare o perdersi nei deliri sono condizioni che possono indicare stati psicotici e/o degenerativi gravi. 

Le motivazioni dietro le bugie

I motivi per cui i bambini mentono sono molteplici e dipendono dall’età, dal contesto e dallo sviluppo emotivo. Alcuni dei motivi più comuni sono:

Senso morale e anticipazione delle conseguenze
A mano a mano che i bambini sviluppano un senso più forte della morale, iniziano a mentire per evitare le conseguenze negative delle proprie azioni. Lontano da essere semplicemente un atto di disobbedienza, la bugia diventa una strategia per proteggere sé stessi da situazioni imbarazzanti o dolorose. Spesso le emozioni più coinvolte in queste motivazioni sono la paura e la ricerca di cura ma anche la vergogna; il bisogno è quello della sicurezza e dell’amore, oltre che dell’approvazione sociale, i sistemi motivazionali principali, quell dell’attaccamento e dell’appartenenza.

Evitare punizioni e rompere le regole
I bambini, soprattutto quelli più piccoli, tendono a mentire per evitare punizioni o conflitti. Tuttavia, a volte mentono anche per esplorare i limiti e testare quanto il genitore o l’adulto di riferimento tollererà certi comportamenti, testandone la stabilità, per capire dove finiscono le regole e dove inizia la libertà. In questa funzione, l’evitamento della vergogna e la sperimentazione di un Sé autonomo guidano il comportamento. Si tratta di motivazioni che hanno a che fare con l’innata tendenza ad esplorare, a varcare i limiti, ad essere guidati e ad appartenere ad un sistema protettivo e competitivo, in cui la leadership ed il rango vanno conquistati.

Autostima e desiderio di approvazione
I bambini possono mentire per sembrare più interessanti agli occhi degli altri o per ottenere l’approvazione dei coetanei. Le menzogne che raccontano possono essere esagerazioni o invenzioni su eventi e successi nella loro vita, con l’intento di suscitare ammirazione o sentirsi parte di un gruppo. Il bisogno di appartenere di essere connessi, di risuonare in gruppi di pari, di non portare i segni di famiglie impegnative, di esperienze mancate o di esperienze vissute inappropriatamente, perché traumatiche o comunque disturbanti, la necessità di tenere lontana la vergogna e l’umiliazione, la ricerca tardiva di specchi buoni che nutrano quell’autostima che ha , o dovrebbe avere, il germe nei primi 1000 giorni di vita, rendono la bugia facile, necessaria, tutelante per sé e spesso per gli altri.

Proteggere la propria privacy
I bambini, come gli adulti, hanno una vita interiore che vogliono proteggere. Alcuni potrebbero mentire per nascondere emozioni o esperienze che non sono pronti a condividere, o per evitare di essere giudicati. Questo aspetto diventa particolarmente rilevante quando il bambino non si sente sicuro e si percepisce vulnerabile. Quando il bisogno di privacy e di opacità agli occhi dell’altro è molto precoce o molto presente, possiamo ragionevolmente supporre che i legami con gli adulti di riferimento, genitori, nonni, insegnanti ,siano vissuti dal bambino come intrusivi, controllanti, manipolatori, angusti o al contrario trascuranti e fragili. Il bisogno di importanza, uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano, come il bisogno di differenziazione ed unicità vengono quindi preservati nella menzogna e nel depistaggio di genitori segugio che vorrebbero sapere tutto, condividere tutto, in nome di un fraintendimento pedagogico duro a morire, in quanto sostiene a sua volta il bisogno di importanza del genitore e ne seda l’ansia, alla ricerca della conferma che sta andando tutto bene.

Compensazione emotiva
I bambini con difficoltà emotive o con una regolazione emozionale instabile possono ricorrere alle bugie per attenuare la loro frustrazione o per sopperire ai bisogni emotivi che non riescono ad esprimere direttamente. Le bugie possono rappresentare quindi un modo per gestire il disagio interiore o una risposta a un vuoto affettivo. In molte condizioni disfunzionali, dove per noi la parola disfunzionale ha maglie definitorie molto larghe, alludendo alla maggior parte dei contesti di crescita, familiari e scolastici attuali, l’emotività dell’adulto è molto ingombrante, come lo sono i suoi diritti, primo fra tutti il diritto ad esserci, ad essere considerato, amato, riconosciuto come genitore ma anche come uomo o donna, con la propria libertà affettiva, comportamentale e anche legale nei casi di separazione. Il bambino, non avendo uno spazio espressivo accettante e paziente, essendo chiamato lui stesso ad occuparsi dei bisogni emotivi, relazionali e organizzativi altrui, vive un tale senso di precarietà, instabilità, assenza di contenimento interiore, da aver bisogno di ricorrere alla bugia per poter controllare le sue emozioni e per potersi rifugiare in una narrazione più stabile e   controllabile, della realtà stessa.

Ridefinizione della realtà

Come conseguenza e completamento alla compensazione emotiva difensiva descritta nel paragrafo precedente, i bambini quando si trovano di fronte a situazioni che non comprendono appieno, possono “ridefinire” la realtà per adattarla alle loro percezioni e capacità cognitive. La necessità di mettere ordine in  esperienze personali cariche di stress o di paura, in un difettuale consolidamento della memoria episodica, a causa di cortisolo ed adrenalina, gli ormoni presenti quando non siamo al sicuro o quando siamo esposti a sovrastimolazione o a dinamiche relazionali traumatiche ed instabili, mira a riparare, fin da bambini,  le narrazioni personali frammentate ed i buchi di senso che sono caratteristici di assetti familiari ed ambientali disfunzionali. Ricostruire nella fantasia narrazioni false è in questo caso preferibile all’angoscia o all’ottundimento che accompagnano un’esperienza di sé incompleta e disorientante. La capacità di distinguere tra fantasia e realtà si sviluppa gradualmente, e in questo processo, la bugia può essere un tentativo di creare un ordine personale in un mondo che viene percepito come caotico o incomprensibile. In queste condizioni, ci possiamo quindi spiegare il motivo per cui i bambini a volte mentono per risolvere conflitti o per rielaborare situazioni che non riescono a interpretare correttamente e che tuttavia rischiano di condizionarlo per il resto della vita.

Desiderio di attenzione
I bambini talvolta mentono semplicemente per attirare l’attenzione su di sé. Raccontare una bugia interessante o sorprendente può essere un modo per stimolare curiosità negli altri e ricevere ascolto e coinvolgimento. Il bisogno di importanza, assieme al bisogno di sicurezza, di amore e connessione e di varietà è fra i bisogni principali dell’essere umano. Il narcisismo primario, il sano investimento infantile su di sé, se non sostenuto e soddisfatto dalla sguardo del genitore, soprattutto della madre, nei primi due anni di vita, per vari motivi ambientali o personali del genitore, che può essere stanco, sopraffatto, depresso, ipercoinvolto nei legami con la famiglia di origine, distratto da esigenze pratiche ed organizzative, immaturo o bloccato nel suo processo di crescita, resta frustrato ed incompleto quanto l’autostima del bambino, che non si consolida adeguatamente. La ricerca di attenzione costante, di interazione, di riconoscimento si serve quindi delle bugie per elevare lo status, la desiderabilità, l’accettabilità del bambino e dell’adolescente nei suoi gruppi di appartenenza.

Cancellare la colpa
La bugia come meccanismo di difesa per proteggere l’autostima del bambino è un concetto interessante. Il mentire permette di evitare la responsabilità di un errore, offrendo un modo per mantenere l’immagine di sé integra. Il bambino, attraverso la bugia, può evitare il senso di vergogna e colpa che deriverebbe dall’ammettere un fallimento o una trasgressione. Questo è un comportamento che si sviluppa man mano che il bambino cresce e comprende la possibilità di separare il proprio sé dalle azioni che compie. Educare i bambini all’errore, dove “errare” nel suo senso etimologico e letterario significa vagabondare, allontanarsi dalla verità ma, estendendo il senso, significa anche esplorare, deviare verso altre verità, valorizzando infine i tentativi che avvicinano ai successivi tentativi, fino al risultato desiderato, è a nostro parere assolutamente necessario, in un’epoca in cui conta solo il risultato ed in cui la competizione feroce e l’aspirazione alla perfezione hanno fatto dimenticare quanto sia importante sbagliare e come sia impossibile perseguire i propri obiettivi senza incorrere anche in risultati negativi. Spesso i bambini vengono celebrati fin dalla culla per ogni loro acquisizione, per le doti cognitive, per la gradevolezza estetica, per l’affettuosità e le doti sportive; vengono spinti al successo o comunque apprezzati esageratamente per gli ottimi risultati. Non sono necessarie le parole, i bambini leggono le posture, le espressioni, il tono della voce, le pause, il ritmo dell’eloquio delle loro figure di riferimento. Che sia per un voto scolastico o per una gara sportiva, la delusione del genitore, dell’insegnante o dell’allenatore non è dissimulabile. Sicuramente, è molto difficile che un adulto riesca a mentire efficacemente ad un bambino. Instillare una nuova fiducia nei propri errori è una sfida educativa e morale che potrebbe compensare ed alleggerire i sentimenti di colpa e vergogna che gravano sui giovanissimi nella nostra epoca.

Indipendenza
La bugia diventa anche un mezzo per il bambino di scoprire la propria individualità. Mantenendo un segreto, il bambino afferma la sua autonomia, riconoscendo di poter operare in modo indipendente dal contesto familiare o sociale in cui vive. L’atto di mentire implica una consapevolezza del proprio punto di vista e una separazione tra il proprio mondo interno e quello esterno, il che è un passo importante nello sviluppo della personalità e della percezione di sé. I processi di separazione ed individuazione, il primo fra 2 e 5 anni ed il secondo durante l’adolescenza, necessitano di opacità e di distanza. La bugia consente di fare esperienza dell’impermeabilità dei propri pensieri e delle proprie intenzioni e sancisce la proprietà delle proprie azioni;  mette fra Sé e l’Altro una distanza necessaria, a volte gettata con forza oltre i genitori ed oltre i legami di dipendenza tanto sostenuti dall’insicurezza degli adulti e dal loro bisogno di controllo sostenuto dalla paura, emozione che sicuramente l’epoca Covid ha amplificato e inscritto nelle nostre cellule.

Le bugie come indicatore di crescita cognitiva, relazionale e morale

La menzogna, contrariamente a quanto si possa pensare, non è un atto spontaneo e semplice. Piaget, vedeva il mentire come un atto che implica una certa maturità cognitiva. Per mentire, infatti, il bambino deve essere in grado di decentrarsi, cioè di vedere la situazione dal punto di vista dell’altro, e deve avere una buona comprensione delle dinamiche sociali e delle aspettative che gli altri hanno nei suoi confronti. Deve anche essere in grado di costruire una narrazione coerente che mascheri la verità. Questo significa che mentire è una competenza sociale e cognitiva che si sviluppa con l’età e con l’esperienza.

Le bugie non sono solo un riflesso della capacità cognitiva di manipolare la verità, ma anche un modo per il bambino di navigare nelle complesse dinamiche sociali. I bambini mparano, ad esempio, che alcune verità possono ferire, che la privacy è qualcosa di importante, e che l’empatia per gli altri può essere gestita anche attraverso omissioni o piccole omissioni. Il bambino, quindi, inizia ad acquisire competenze sociali che gli permetteranno di vivere in modo armonioso con gli altri, senza danneggiare le proprie relazioni.

La posizione dei genitori

I genitori non sono esenti da bugie. Spesso, sono proprio loro a raccontare piccole bugie ai bambini, o ad omettere la verità per proteggere la loro innocenza, per non esporli a pensieri, immagini, emozioni che non potrebbero integrare nel loro mondo mentale immaturo. È bene evitare che i bambini si confrontino con tematiche troppo complesse o dolorose; spesso il bambino stesso evita di fare domande di cui non vuole ottenere risposta. La famosa “bugia del topolino” (un mito o una storia inventata per spiegare certi fenomeni) è un esempio classico di come, anche i genitori, contribuiscano all’immaginario infantile, spesso senza che ciò danneggi la relazione. La risposta alla domanda “come nascono i bambini” necessita di aggiustamenti e mascheramenti narrativi che a mano a mano si dissolvono, con il progredire dell’età ed il maturare delle possibilità cognitive integrative e della complessità emotiva della persona.

Tocchiamo solo incidentalmente, rimandando ad un approfondimento successivo, il tema delle adozioni. Nella nostra lunga pratica clinica abbiamo dovuto spesso aiutare famiglie in cui verità, iperrealismo, slittamenti metaforici, omissioni e vere e proprie bugie hanno promosso e sostenuto confusione, sofferenza e costellazioni di sintomi in tutti i membri della famiglia e primariamente nei bambini.

Punire o non punire?

Capire il contesto in cui il bambino mente è fondamentale. Le bugie non dovrebbero essere punite, poiché questo potrebbe portare il bambino a mentire ancora di più per evitare il giudizio. È importante educare il bambino a distinguere tra fantasia e realtà, e aiutarlo a comprendere che l’onestà è essenziale nelle relazioni sociali, ma anche che ci sono momenti in cui dire una bugia non è necessariamente deprecabile. Lo sviluppo morale del bambino è un processo che, almeno fino a 9 – 10 anni è tutt’altro che compiuto. Inoltre, punire non fa sì che il bambino apprenda, ma semplicemente che si irrigidisca e che eviti un comportamento per paura, e la paura, da un punto di vista neurobiologico, ostacola qualsiasi apprendimento.

In generale, la gestione delle bugie deve essere accompagnata da dialogo, comprensione e, se necessario, un po’ di pazienza. A volte è necessario colludere con la bugia, se la vergogna del bambino è troppo elevata e copre un’umiliazione che non è giusto infliggere al bambino, smascherandolo. A volte invece il bambino vuole essere smascherato e ce lo fa capire lasciando piccoli indizi, o guardandoci con fare interlocutorio, per tastare il terreno. Insomma, la bugia ha una funzione comunicativa fondamentale. Comprendere che la bugia in età evolutiva è un mezzo per conoscere e farsi conoscere, un’esca per attrarre, un amo per prendere ed una sonda per esplorare; uno scudo che protegge da colpa, vergogna ed umiliazione, un esercizio di “jumping” fra il dentro ed il fuori, un limite solido fra me e te, piuttosto che un segno di malizia e disvalore morale, aiuta a mantenere un rapporto sano e costruttivo con i bambini, senza intaccare la loro autostima o il loro sviluppo emotivo.

Alla fine, a volte lasciar “libero spazio alle bugie” può essere la risposta all’invito a non giudicare troppo severamente le menzogne dei bambini, ma piuttosto ad accogliere con curiosità le motivazioni e i messaggi che esse portano con sé. 

In fondo sono in gioco l’identità ed il senso di Sé dei nostri bambini e ragazzi.

Dr.ssa Chiara Saccà, Dr.ssa Francesca Moro

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